Surgical Reviews Room – Eversione “s/t”

A mesi di distanza eccoci al sesto appuntamento recensivo, non c’eravamo dimenticati di voi! E’ che siamo sottopressione per una serie di nuove uscite e di collaborazioni e di iniziative, insomma , i ritagli di tempo sono sempre pochi , perchè il quotidiano non ci lascia respiro. Questa boccata d’aria ossigenata la dobbiamo dedicare a tutti i costi agli amici liguri degli EVERSIONE, gruppo ormai collaudatissimo che mena duro sugli strumenti. Soprattutto sono 4 ragazzi motivati ed appassionati che hanno voglia di farsi sentire e capire.

Appena sono riuscito a combinare ho passato il loro nuovo CD al Dr.Sam ,il quale mi risulta essere entusiasta dell’ascolto dato! E, come sapete già,  è stato un ascolto attento e tecnico, senza dimenticare che il messaggio è fatto di musica, parole e attitudine insieme. Il Dr.Sam ha aperto anche un blog indipendente per scrivere le robe musicali che più gli piacciono, eccolo: https://graffimusicali.blogspot.com/

Ah,ultima cosa: anche gli Eversione compaiono tra i 19 partecipanti alla nostra compila CD “Vicious Circle” in uscita,si spera,il 21 marzo .Buona lettura 

 

“Ti hanno concesso il diritto di esporre
Il tuo disappunto seduto da casa
Scrivici pure i tuoi suggerimenti…”
Così aprono gli Eversione il loro ultimo album, primo full-length successivo all’ ep dal titolo “Un istante di fervore”del 2015 , superato nel 2016 dallo split “Eversione/Eco”. Entrambi lavori che consiglio di recuperare sul loro bandcamp (https://eversionehc.bandcamp.com/album).
Bene, un invito del genere non me lo lascio scappare di sicuro, ancora di più dal momento che, in questo periodo , sono senza ascolti nuovi e mi serve proprio qualcosa di caldo per riscaldarmi le orecchie.

Parto col dire che ci troviamo davanti ad un ottimo prodotto composto da 12 tracce, 12 schegge scagliate ad una velocità inaudita verso l’ ascoltatore. La band sa ottimamente dosare tempi e dinamiche dando ad ogni canzone non solo la giusta durata ma anche il giusto collocamento sulla scaletta, creando nel bacino delle 3 canzoni centrali un rallentamento, un mid-tempo che lascia prendere il fiato ma, soprattutto, ripristina l’attenzione, e non è una cosa da sottovalutare : troppo spesso mi trovo tra le mani interi album che paiono un metronomo intento a scaricare le batterie. I pezzi hanno la giusta durata, i tre che superano i 2 minuti sono proprio i tre di cui sopra e questo è riconducibile al beat rallentato, sicuramente frutto di un lavoro di ricerca dell ‘essenziale.

Dal punto di vista stilstico il loro HC è classico, legato alla seconda metà degli anni novanta, e se si vuole fare un paragone con altre band sulla piazza italiana degli ultimi anni (del quale mi scuso)  li possiamo avvicinare a Zona d’Ombra, Congegno o Attrito ,e della nostra zona ai Fukuoka. Questa rabbia, questa foga non chiude mai le porte alla melodia e ai cori , con parti cantate che (anche se talvolta non perfette a livello tecnico)  portano a casa un risultato impattante,  incastonato nell’ attimo. Mai una melodia fuori posto anche per quanto riguarda la posizione della stessa nei testi , non politicizzato ma politico per come affronta il quotidiano ,non senza sprazzi di umano sentimento universale . Ottima la composizione chitarristica con quel leggero approccio modale vicino a situazioni post-punk, una sezione ritmica sfrenata e non completamente precisa che crea un’ambiguità vagamente disarmante, soprattutto nelle parti più lente. La qualità audio è buona, con i “bassi” contenuti e non fastidiosi, le “medie” protagoniste assolute, mentre  le “alte” molto indietro e le “altissime”non pervenute. Questa cosa onestamente non mi fa impazzire perchè preferisco un suono più crunch, più croccante, ma è davvero molto soggettivo e il buon mixaggio non crea fraintendimenti. 

Canzoni emblematiche ne abbiamo anche un po’:  dal minuto abbondante della open track “Prima di Andare al Macello”, al fiume di ricordi e risposte per “Noi”, poi “Luce di un Giorno di Sole” rappresentata anche nella copertina, il mood quasi da singolo de “il gioco delle parti” a finire con “La Canzone di Capodanno” ( che insieme a “Sarà un Natale Fantastico” dei Congegno ci fornisce un’ottima soundtrack per le festività prossime!).
Siamo di fronte per quanto mi riguarda ad uno de migliori prodotti della scena italiana di questo anno oramai concluso:  veloce, sincero, emozionale o ragionato a seconda della necessità, chiaro nel suo intento e senza la cafoneria di voler fare più di quanto si deve, in grado di colpire già dal primo ascolto e senza dubbio di smuovere il pubblico durante i concerti.

Dr.Sam

Surgical Reviews Room – In Mancanza D’Altro “s/t”

Siamo alla quinta recensione del chirurgo Sam, o sbaglio?  Bene, teniamo a precisare che codeste recensioni su dischi usciti da poco, siano essi su supporto vinile o compactdisc -nonchè magari solo ,ahinoi, digitale- sono delle attente analisi  principalmente sulle musiche degli stessi.  Quindi il Dr.Sam solitamente vomita  tutto il suo sapere tecnico su aspetti compositivi , scelte stilistiche e arrangiamenti che a me personalmente sfuggono, perchè vado più di pancia , no di bisturi, e questo mi interessava integrare sul sito Tadca. Certo che i testi sono fondamentali ! Il punto di vista del Dr.Sam rimane quello di colui che ascolta la voce intesa come strumento. Tutte le frasi con i significati nascosti e le ironie e i sarcasmi e le allusioni e il-detto-non-detto con cui i testi spesso comunicano aprirebbero un capitolo recensivo a parte, di pancia o di bisturi che sia…N.b.: il cantato che sentite su questo disco, ad opera di Bongi ex-Confusione,Memento Mori ecc. ecc. in futuro non ci sarà più, purtroppo: il gruppo , orfano del frontman, continuerà a sbraitare parole attraverso il chitarrista col theremin ,Gianluca . Avanti tutta!

Alla fine le note musicali sono 7, non puoi crearne dal nulla e devi arrangiarti con ciò che hai tra le dita. Questo è il motivo per cui la stragrande maggioranza dei lavori là fuori non riescono a suonare in modo differente dal resto: perchè non sono differenti. Cambia il ritmo, il tempo, i suoni, fa quello che cazzo ti pare ma se le note son quelle,bè, sono quelle. A meno che non si voglia fare il jazzista dell’ultima ora in questo periodo la soluzione è unire, variare, volare basso, guardare oltre e poi variare ancora. Ecco la parola chiave di questo disco. In Mancanza D’Altro ha deciso di non avere una gabbia, lo stile varia dall’ HC tupa tupa fino a blast beat grind e così anche i testi, da quello ironico e dal significato quasi nascosto alle invettive gratuite contro tutti. Lo spirito di tutto il lavoro resta sempre improntato non tanto sul non prendersi sul serio quanto più sul non ricercare la seriosità assoluta. Siamo circondati da gruppi che credono che per fare la storia e colpire fino in fondo serva usare parole colte e ricercate buttate alla cazzo nella speranza di creare qualcosa di memorabile ma non è così, capitelo.

L’HC a Torino non è mai morto, a volte si addormenta, altre si sveglia ed altre ancora è in coma etilico buttato in qualche angolo ma, quando vuole, riesce ancora a farsi sentire e questa ne è la prova. Non siamo di fronte a un capolavoro e non credo che sia questa la pretesa dell’ album. Quello che abbiamo tra le mani è un prodotto ottimo che trova la sua culla tra tutti coloro che, come me, cercano la sostanza senza fronzoli. Dai mid-tempo ai blast beat senza pensarci due volte, la voce compatta e strozzata segue la batteria trasformandosi in un urlo fine, ricordando in questo i Diorrhea (So che qualcuno di voi li conosce, non deludetemi). Basso e chitarra hanno un’attitudine molto ’90 e questo potrebbe far storcere il naso a certi anche se, devo dire, pur preferendo toni più distorti e compressi, questa volta non mi posso lamentare. È quindi finalmente arrivata una buona uscita che, pur non discostandosi da quello che vogliono i “ragazzi del mucchio”, ha la voglia di guardare oltre i soliti confini, scegliendo gli spazi giusti, senza invaderli, ma importandone il bene. Bravi!

Surgical Review Room – Neuvegramme ‘s/t’

“E neuve gramme son sempre vee” : le cattive notizie sono sempre vere, da questo proverbio arriva il nome dei liguri NEUVEGRAMME , all-star band con membri di 5Mdr, Leisfa ,Cgb…Un digipack Cd uscito da poco che la Tadca ha in distro, recuperato tramite le rete di scambi d.i.y. Passiamo il testimone al Dr.Sam per la sua vivisezione sonora, cui va sempre un ringraziamento speciale! Una recensione estiva per mettere in luce,come al solito, gruppi locali validi che hanno cose furbe da dire , e che ce le suonano per bene, lontani anni luce da tormentoni radiofonici da bordo piscina.

“Hey, ti va di recensire questo? I ragazzi hanno appena fatto la loro prima uscita.”
“Dai, ci sta, sempre pronto ad ascoltare gruppi nuovi!”
Carico di speranze arrivo a casa, pianto il cd nel masterizzatore del mio computer, tiro giù tutte le tracce come un vero appassionato che non vuole rovinare la sua copia originale, butto tutto su Foobar ed ecco che dalle casse esce lui, il mio peggior incubo e nemico: Mister Emo/post HC.
Come il karate insegna, però, 六、心は放たん事を要す,(“Il Karate è lealtà e spontaneità; sii sempre pronto a liberare la tua mente”). Svuotiamo quindi la mente da ogni preconcetto, da ogni archetipo o ancestrale timore ed immergiamoci con l’ assoluta spontaneità che si addice ad un chirurgo karateka come me in questa delicata operazione.

La prima cosa che colpisce è sicuramente la presenza di voci, molte voci, una squadra di calcio a 5 di voci con tanto di panchina. Qualcosa davvero d’impatto, ad ogni ascolto se ne sente una nuova, sommessa, ma che, una volta scovata, scavalca le altre per poi ritrovarsi di nuovo immersa nella calca. Sono a conoscenza del fatto che in questo genere spesso non ci sia un solo cantante e che i cori siano una cosa comune ma una tale abbondanza canora davvero non mi era ancora capitata di sentirla.
Passato questo eccitamento iniziale ecco come appare chiaro un elemento, un insieme di frequenze che letteralmente tagliano attraverso il mix, un suono chiaramente riconducibile ad una chitarra pulita, giusto con un accento di overdrive, messa in primo piano e rivestita di compressore. Ammetto di trovarla un elemento originale e facilmente riconducibile al sound tipico della band ma potrei anche capire come qualcuno possa storcere il naso di fronte ad una scelta del genere.
Per quanto riguarda l’impatto d’ insieme invece ci siamo, le canzoni scorrono ma riescono comunque ad essere pesanti, a farsi sentire ma anche ascoltare, merito di una batteria potente e presente, ad una scelta dei tempi azzeccata che riesce a non creare quel senso di medley tra una canzone e l’ altra e ad alcune piccole sfumature quasi pop che fanno capolino qua e là, conferendo un senso di orecchiabilità radiofonica dove serve.
Per quanto riguarda la qualità del packaging poco da dire, tenendo conto del fatto che siamo di fronte ad un disco totalmente autoprodotto è ad altissimi livelli, grafiche chiare, definite, studiate sia dal lato artistico che della resa grafica. Stesso discorso vale per la registrazione, classici tagli di estremi di banda ed una chiarezza non del tutto raggiunta ma hey, siamo di fronte ad una prima produzione e tenendo conto degli sforzi che bisogna fare per creare un prodotto del genere il risultato è decisamente più che accettabile.

Fagocito una quantità abnorme di musica di qualsiasi tipo, chi mi conosce lo sa, quindi è normale che certi album vengano ascoltati al massimo due o tre volte prima di finire nel dimenticatoio ma questo in particolare ancora non vuole andarsene, lo tengo lì e lo metto sul piatto senza neanche rendermene conto, qualcosa vorrà pur dire. In bocca al lupo a tutti i ragazzi della band, ci si vede appena salite su da noi.

Surgical Reviews Room – Cibo”Capolavoro”

Round three! Ecco qui la Rece Chirurgica dell’ ultimo vinile dei torinesi CIBO. Come sempre la scelta recensiva è tutt’altro che casuale : in vista del 23 Dicembre ,per il Barbatrucchi evento di Cuneo, volevamo presentarvi i gusti degli special guest CIBO ,affiancati dagli special host LA MACABRA MOKA. Questo disco per me è letteralmente un Capolavoro, ma non sono io a fare la recensione, bensì il giovane Dr.Sam ,col suo inossidabile bisturi . Per cui: …”Bisturi!”.

7 Febbraio 2015, Torino, Spazio 211, Cripple Bastards con una chitarra in più, un nuovo batterista e un album appena uscito… il pienone. Non ci si poteva quindi risparmiare sulle band d’apertura, nossignore, sia mai. Asozial e a seguire Cibo

Oh Dio onnipotente, quanta bellezza nel vedere una suora con una croce capovolta stampata in faccia urlare in un microfono…. Passano due anni precisi da quella data ed esce “Capolavoro”. Punk Hardcore, Stoner e Rock, vengono impastati amabilmente dalle tenere mani della goliardia.

Il risultato finale vede la propria rappresentazione grafica nella splendida copertina dell’ album: un bellissimo mandala con al centro un occhio inquisitore, cattivo, rosso che ti osserva, Torquemada? Peggio. Ecco come risulta la proposta musicale: una grande varietà di suoni, generi, toni che riescono a essere sempre coerenti tra di loro, dai momenti più melodici e disimpegnati fino al più completo delirio. Tutto ciò è sicuramente merito dell’ elasticità delle voci, di un background strumentale non tanto tecnico quanto efficace e di un ottimo studio della tracklist. Ok, secondo me “ICSFCLD” poteva esser tranquillamente segata via, ma chi sono io per deciderlo? Una canzone che non è bella, piace. Le tematiche sono quanto di più inaspettato e originale, una canzone sul dimenticarsi il pin del bancomat potrebbe trovare l’ approvazione pure di una madre ma non fermatevi alla facciata, dietro a queste storielle raccontate alla bene e meglio si nasconde un geniale songwriting e un grande spirito di osservazione critica.

Poi dai, chi si sarebbe mai aspettato di trovarsi piantato in testa”GADROGADROGADROGADROGADROGADRO”? Io no di certo e non son manco sicuro che sia una cosa buona per la mia igiene mentale, ma sorvoliamo.

Onestamente però, vista soprattutto la qualità dei pezzi, mi aspettavo una miglior registrazione, sicuramente migliorata rispetto ai lavori precedenti ma che ancora non spicca per qualità. Questo è un album che è destinato ad emergere, nettamente sopra la media dei progetti che mi passano tra le mani in questo periodo e, secondo me, un buon trampolino per una band che merita più di ciò che sta ricevendo. Aspetto con ansia la prossima uscita. Molta ansia. Troppa ansia. Quanta ansia.

Sam

 

Surgical Reviews Room -Zona D’Ombra “Unica dimensione di vuoto”

Secondo round per Surgical Reviews , questa volta tocca ai ZONA D’OMBRA di Como con la loro ultima uscita del 2017 da cinque pezzi . La scelta è dovuta al fatto che vogliamo promuovere tutti e 4  i gruppi del 18 novembre a EL PASO (Tadca + Scatti Vorticosi HC Night), dunque loro insieme ai nostri cuneesi ApeUnit ,i torinesi/brasiliani Jx Arket e i savonesi Gli Altri. Sarà un evento eterogeneo ,con tanto sudore e passione in comune . La Rece è ad opera del Dr. Sam come l’altra volta, ma la Sala Rece Chirurgica è aperta a tutti gli associati. Buona lettura!

 

La seconda volta è sempre la più difficile, ecco perchè mi è stato dato il compito di recensire questo disco.
Impegnativo, di spessore, per certi versi quasi sperimentale e molto personale, così si presenta l’ ultimo lavoro degli Zona D’ Ombra.
“Unica Dimensione Di Vuoto” è un EP di 5 canzoni in puro stile HC che ricorda molto il sound degli Attrito con una leggerissima influenza post-hc nel modo di impostare i bridge.
La velocità certo non manca, apparte per l’intro della prima traccia che potrebbe trarre in inganno. Le canzoni sono composte in modo che tutto il lavoro possa scorrere senza interruzioni, quasi come se si fosse voluto creare un enorme Medley, davvero notevole e apprezzato.
Non fatevi però strane idee, dei rallentamenti ci sono, ma piazzati nei punti giusti e mai scontati, non siamo di fronte alle classiche interruzioni in cui emerge solo il basso per poi far ripartire il tutto come prima, quà le cose son diverse, più immediate ma, allo stesso tempo, molto più efficaci.
L’ aria che si respira pare quasi quella di un concept album, un trattato su come il malessere interiore si rifletta sul nostro vivere e sul nostro agire, i testi, infatti, per quanto chiari necessitano sempre di essere elaborati personalmente.
Questo se per alcuni è un bene per altri potrebbe risultare un po’ acerbo perchè non si amalgama perfettamente con la strada che intraprende il settore strumentale.
Seconda piccola nota di demerito per la voce, troppo piatta e monocromatica, ma non per questo sgradevole, avrei solo preferito un minimo di variazione in più sul tema.

Quindi che dire? Bravi, vi avessi conosciuto prima probabilmente questo lavoro avrebbe preso il posto che nel mio cuoricino adesso spetta a “Metamorfosi” dei Congegno, tanto di cappello.

Sam

Surgical Reviews Room -ApeUnit/Horsebastard “split”

Iniziamo oggi una sessione recensiva ad opera di collaboratori Tadca che avran voglia di prendere carta e penna (ops ,che obsoleto! intendevo ‘tastiera e uai-fai’) e spedircela previo accordo via mail. E’ uscito ‘sto titolo , Stanza delle Rece Chirugiche , poichè chi ha inaugurato questa Rubrica, ovvero Sam,  ha vivisezionato il disco in questione per una scientifica recensione attenta…è un pò lunghina ,ma è dovuto alla presenza di 2 bestie sonore da analizzare. Buon intervento dr.Sam, veterinary surgeon!

 

Tornano le scimmie, tornano in compagnia e lo fanno bene.
Ad accompagnare gli Ape Unit in questo nuovo tritacarne musicale ci pensano gli Horsebastard, un’ allegra combriccola di esagitati direttamente dalla mai troppo ridente Liverpool.

Iniziamo però con ordine.
Lo split, uscito in vinile il 30 Giugno 2017 e reperibile anche in digitale attraverso il sito Bandcamp delle due band, è composto da 11 pezzi: 5 per gli Ape Unit e 6 per gli Horsebastard.
La copertina è qualcosa di delirante e al contempo stupenda: una scimmia e un cavallo intenti a consumare chissà quale tipo di sostanza psicotropa mista ad alcool davanti a uno sfondo degno dei peggio trip tardo-hippie mal riusciti.
Il vinile è disponibile in due colorazioni, quella verde da vero super fan e quella nera per chi è arrivato in ritardo e si deve attaccare al cazzo, stampate rispettivamente in 150 e 350 copie.

Ok adesso che abbiamo sbrigato i convenevoli passiamo a ciò per cui probabilmente siete venuti fin qua. Com’è ‘sto disco? Bè, semplice, ottimo ma non (purtroppo) perfetto.

Gli Ape Unit sono probabilmente una delle band migliori tra tutte quelle che sono uscite negli ultimi dieci/quindici anni dal sottobosco Grind/PowerViolence/QuelCheCazzoÈ e ancora una volta ce lo ricordano.
La prima traccia, “Herbalife After Death”, presenta un’apertura strumentale un po’ come fu “Puberal Baphomet” per “Turd” ma in forma ridotta, com’è giusto che sia vista la lunghezza generale dell’opera.
Da questo punto in poi, fino all’ultimo beat, si viene presi letteralmente a calci in faccia: un rullante che pare un mitragliatore, urla dalla savana alternate a grugniti cavernosi, parti vocali compresse e strozzate degne di Cannella degli Affluente sotto steroidi, due chitarre che si mischiano e si separano abilmente passando tra accordi derivati direttamente dal jazz, intervalli quasi rock & roll e pura violenza musicale.
La qualità sonora è finalmente degna di loro, possiamo lasciarci indietro il semi low-fi (penso) voluto in “Unforgivable Holiday” (che pareva quasi volersi rifare a “Sound Of The Animal Kingdom” dei Brutal Thruth) per trovarsi un leggero passo avanti rispetto a “Turd” che, a mio avviso, poteva finalmente essere finalmente goduto senza limitazioni.
Ovvio però che, come ogni scimmia che si rispetti, anche questa ogni tanto tira un po’ di merda sui muri.
Due sole cose mi sento di criticare, sperando di venir ascoltato.
Prima di tutto: su cinque loro canzoni, tre partono con un urlo dopo una cortissima intro e questa cosa un po’ mi spiace perchè sembra quasi voler dire “Hey, una volta che partiamo poi ci riconosci perchè il nostro stile è molto originale, il punto è che non sappiamo bene come partire allora urliamo a caso”…. Davvero un grandissimo peccato perchè, se da un lato capisco che questa cosa per 3/4 della gente che sta leggendo sembri una stronzata, per me invece è un vero colpo al cuore in quanto denota un leggerissima pecca compositiva a ciò che è un lavoro di altissimo livello.
Poi, seconda ed ultima critica, il basso non ha un’identità vera e propria. Sta lì, si sente, c’è, ma non te ne accorgi finchè tutti non si calmano e non lo lasciano respirare nei vari bridge sparsi per la registrazione. Sicuramente sarebbe un enorme passo avanti se non si limitasse semplicemente a stare tra chitarre e batteria ma si buttasse in prima fila a gamba tesa collaborando nelle loro mattanze.

Ok ora freghiamocene dei detti e a questo caval donato guardiamo in bocca con la perizia di un dentista.
Una band a me sconosciuta, una recensione da fare e ancora troppo entusiasmo per questa scoperta, Horsebastard.
6 pezzi che scorrono, li senti che vanno avanti ma vorresti che tornassero indietro per poi ricominciare, meno di un minuto a ondata ma non una pausa tra una canzone e l’ altra.
La voce è un urlo acutissimo in lontanza che fa breccia tra tutto il marasma strumentale solo grazie al fatto che riesce a tagliarti le orecchie per quanto è affilata, le chitarre non sono sicuramente quelle degli Ape Unit, non sono studiate, non vogliono fare cose raffinate, semplicemente fanno casino ma lo fanno bene, il basso riesce a infilare piccole finezze quasi impercettibili ma che, una volta ascoltate ti fanno dire “Sì, è così che deve essere”.
POI LA BATTERIA, DIO MIO LA BATTERIA, se gli Ape Unit sono una Ferrari allora loro sono una Bugatti elaborata da quelli di Fast & Furious, robe che “Vin Diesel levati questa non fa per te”.Non è solo veloce ma è pure elaborata, non ci troviamo di fronte a un continuo martellare a cazzo di cane sul rullante (ho per caso sentito qualcuno dire “Last Day Of Humanity”? – Sì? – Bravi) ma ad un sali e scendi tra velocità improbabili e uno scrosciare di piatti pauroso.
Una volta sola sono stato così impressionato da tutto sto ben di dio ed è stato al concerto dei Chinsniffer a Caraglio (CN), così mi son messo a cercare come i veri nerd e, guardacaso, è sempre lui, quindi che dire? Complimentoni.
Pure loro hanno però bisogno di una bella tirata di orecchie.
Vanno bene i pezzi corti, lo capisco e lo condivido, ma non COSÌ corti, la canzone parte, inizia a prenderti, sta per arrivarti la botta e proprio sul più bello finisce. Solo “Rabbit Denier” non mi lascia questa sensazione, sarà forse per i vari rallentamenti che trovano spazio nella parte iniziale.
La voce poi a mio avviso poteva essere enfatizzata meglio, finchè tiene dei registri alti riesce a farsi spazio e a delineare la sua zona sicura ma appena prova a scendere viene abissata dal resto della band ed è in questi momenti che arriva ciò che non dovrebbe mai succedere: l’ascoltatore si perde. Fortunatamente tutto ciò dura troppo poco per essere colto se, come me, non si ascolta il lavoro con spirito parecchio critico.
Ultima cosa, e qui concludo, come già accennato in precedenza vorrei suggerire alla band di usare delle parti di chitarra leggermente più complesse, nulla di troppo elaborato, che rapisca l’ascoltatore così da non fargli mai perdere l’attenzione.QUINDI: Comprate questo disco, supportate queste band e andate ai loro concerti perchè loro sanno come far le cose e come farle bene, senza mai ridursi ai solti cliché della musica estrema che tanto mi stan sul cazzo.

-Sam